In occasione del centenario dalla nascita, Lucilla Giagnoni dedica uno spettacolo alla divina Maria Callas. Prendendo ispirazione dalla cavatina di Bellini Casta Diva dalla Norma – invocazione e preghiera alla luna resa celebre dall'interpretazione dell'artista greca – Giagnoni mette in relazione il mito di Callas con quello di Medea, esplorando la loro potenza di regine immortali, capaci nell'arte della cura, ma anche i tratti rovinosi e distruttivi che le accomunano.
All'opera si apre il sipario. La luna piena illumina il tempio. Il fuoco di un sacrificio. Una donna vestita di bianco, vischio, musica. Canta.
Al cinema, gli occhi ardenti di Medea-Maria riempiono lo schermo: hanno visto New York e Atene, Verona e Sirmione, Milano e Skorpios, Parigi e Corintho.
A teatro, un'attrice racconta. La greca e la barbara si specchiano: dive, splendenti, mitiche.
L'attrice racconta di vestali, sacerdotesse, maghe, regine, figlie del sole stregate dalla luna. Cantano, curano: sono caste nell'anima, ma possono arrivare a uccidere.
L'attrice, attraverso loro, scopre che è possibile fare il sacro in un mondo in rovina e che, se si chiude il sipario, il mito continua.
Per me, che sono attrice, Medea, oggi, ha il volto di Callas.
Callas la più grande interprete di Casta Diva.
Casta Diva significa luna, ma in questa storia c'è pure tutta la potenza del sole, e nipote del sole è Medea.
Euripide, il cantore tragico della fine del mondo ellenico, fa di Medea una donna che uccide i suoi figli. Pasolini, il cantore della fine del mondo rurale e del sacro, fa di Maria Callas una Medea che non canta mai: fa di lei un'attrice.
Medea, della stirpe del sole, il canto se lo porta nel sangue, insieme al sapere di ciò che cura e che uccide. Maga e regina dei pharmaka è capace di dare la vita e la morte. È Medea l'immortale.
Maria Callas è mortale, ma il sole le ha dato un dono e il canto fa di lei “La Callas”, l'immortale.
Medea e Callas amano selvaggiamente e intensamente rovinano, senza risparmio di sé. Nessun narratore le potrà mai oscurare, contenere o limitare.
E se la luna – la Casta Diva della Norma di Bellini – le ammanta di tragico mistero, si può anche arrivare a sorridere per come il cinema abbia talvolta raccontato la lirica e il canto.
Ma questo ora non lo anticipiamo, perché l'ironia tragica è la visione casta (e diva) del teatro”.
Lucilla Giagnoni
Casta Diva
di e con Lucilla Giagnoni
collaborazione ai testi Maria Rosa Panté
ambiente sonoro e musiche Paolo Pizzimenti
luci e immagini Massimo Violato
assistente alla messa in scena Maria Laura Vanini
spettacolo realizzato dal Comune di Sirmione
in collaborazione con Centro Teatrale Bresciano e Teatro Faraggiana di Novara